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della peste.

     Il 1693 fu un anno che incise profondamente sulle sorti di Ragusa. L’anno dell’apocalisse, come lo definirono. Quello tristemente segnato dalla furia devastatrice del potentissimo terremoto che colpì la Sicilia orientale. Furono tre giorni infernali, con decine di migliaia di vittime. Soltanto a Ragusa, su una popolazione di quasi diecimila persone, si registrarono cinquemila vittime. Mentre negli altri centri del comprensorio le perdite si assestarono mediamente intorno al venti per cento. Per non parlare di secoli di storia spazzati via: chiese, palazzi, case, talvolta città intere. Tutto cancellato.

     Ma è proprio dalle ceneri del terremoto che rifiorì la meravigliosa Ragusa barocca che conosciamo oggi. La gente iblea non volle rassegnarsi all’idea di vivere in una città anonima, tra macerie e disperazione. La ricostruzione fu immediata. I migliori architetti del tempo disegnarono autentici gioielli ispirandosi alle tendenze del tardo barocco siciliano. I capolavori artistici dell’intera Val di Noto rappresentano il segno tangibile di quella volontà ferrea di ricominciare a vivere: la voglia di riscatto aveva annullato i segni del terremoto, rendendo le cittadine iblee ancor più preziose di prima.

 

 

     Leggenda vuole che il paesaggio ibleo sia stato conosciuto e amato perfino da Ulisse, sbarcato a  Marina di Ispica in un approdo che oggi ha preso il suo nome. Ma, tra realtà e mito, Ragusa può vantare una storia vecchia almeno quanto i suoi primi insediamenti preistorici di cui si ha traccia: sessanta mila anni. Il primo popolo che la abitò, tremila e trecento anni fa – come del resto avvenne in larga parte della Sicilia orientale - fu quello dei Siculi. A loro, in terra ragusana, si deve la creazione delle città fortificate di Motyche, Hybla Heraea, Sicli e Geretanum, le odierne Modica, Ragusa, Scicli e Giarratana. Dei Siculi restano oggi varie testimonianze, come i loculi funerari a sezione rettangolare ben visibili nella valle del Gonfalone, lungo la strada che conduce a Modica. Poi arrivarono i Greci che con la loro colonizzazione contribuirono in maniera determinante al mutamente di usi e costumi della popolazione indigena. Del periodo greco non rimangono centri abitati, ma soltanto necropoli: tombe scavate nella terra e nel calcare e coperte da pietre. La più importante e meglio conservata è quella di Monte Rito, ma almeno altre cinque necropoli, rinvenute nelle diverse contrade iblee, vanno certamente annoverate nei percorsi archeologici ragusani. Del periodo greco va ricordata Kamarina, città che rimase famosa nella storia antica siciliana per la sua ribellione a Siracusa e le sanguinosissime battaglie che ne derivarono.

     Non potendo sottrarsi alle sorti del resto della Sicilia, anche Ragusa dovette conoscere l’avvicendamento fra Greci e Romani. Quando l’intera isola divenne provincia romana, Ragusa e Modica furono fatte decumane e costrette, quindi, dal nuovo dominatore a versare nelle casse di Roma la decima parte dei raccolti. I secoli successivi alla dominazione romana ci parlano di nuovi popoli che, tra alti e bassi, animarono la vita sociale e culturale siciliana. Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini lasciarono nel corso dei secoli una varietà di tradizioni poi fatte proprie, reinterpretate e rese uniche  dal popolo siciliano.  Con  gli

 

Arabi, in particolare, approdarono in Sicilia e a Ragusa tecniche innovative per la coltivazione dei campi che, assieme all’introduzione di nuove colture, fornirono un impulso decisivo allo sviluppo dell’agricoltura, ancor oggi fiore all’occhiello dell’economia iblea che vanta numerose coltivazioni a marchio dop, denominazione di origine protetta.

     Gli anni a noi più vicini, siamo nel XIV secolo, sono intrisi di splendore e fermento culturale sotto la dinastia dei Chiaramonte discendenti, si narra, dell’imperatore Carlo Magno. Con loro Ragusa divenne una contea ricca e prospera, anche in virtù dell’accorpamento con la contea di Modica. A suggellare l’unificazione aveva contribuito un matrimonio, quello fra il conte di Ragusa Manfredi Chiaramente e Isabella Mosca, sorella del conte di Modica. O, piuttosto, come consuetudine imponeva per quei tempi, le nozze erano scaturite dalla necessità di ampliare la contea. E ad un altro matrimonio, stavolta mai celebrato, è ancora legata la storia di Ragusa. Quello di uno dei successori dei Chiaromonte, Bernardo Cabrera, che inseguì ostinatamente per tutta la Sicilia Bianca di Navarra, vicaria del Regno di Sicilia. Amore o ancora brame espansionistiche? Chi può dirlo. Sempre rifiutato, girovago e sconsolato, concluse amaramente la propria  vita  tra le atroci  sofferenze