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Nella foto una locandina della manifestazione novembrina che ha visto in passerella a Caltanissetta i piatti tipici della buona tradizione gastronomica siciliana

 

 

 

     Globalizzazione significa sempre più spesso perdita di identità. Ci si ritrova in movimento, alla ricerca di se stessi e non si fa in tempo ad aggrapparsi alle “nuove certezze” che già sono state messe in discussione e superate. Fermarsi equivale a perdere il proprio posto sul treno della vita. Rinunciare alla folle ricerca di una identità oramai in continuo divenire. Soverchiati dalle fuggevoli necessità di un mondo transeunte per definizione. Eppure talvoltà è necessario rallentare la marcia. E gettare uno sguardo agli anni già passati. E accorgersi di quante buone tradizioni è ricca la Sicilia. E su quelle, magari, provare a puntare per consolidare il rapporto con il futuro, “ripartendo da ieri”. Da qualche anno la città di Caltanissetta sta riscoprendo i mestieri di un tempo, rispolverando le antiche tradizioni dell’artigianato e dell’arte culinaria. Gli ultimi mesi dell’anno  sono stati ricchissimi di iniziative per la valorizzazione e la promozione di attività “in via di estinzione” che rappresentano un patrimonio assai prezioso di cultura. In novembre la prima rassegna, “Cento sapori della nostra terra”, ha messo in vetrina i piatti della cucina tradizionale siciliana. Con la supervisione di “Legambiente” e “Slow Food” di Caltanissetta sono state riproposte tutte quelle pietanze che sono espressione di una autentica filosofia di vita, in contrapposizione, se vogliamo, alle mode – imposte, ma talvolta necessarie – del “fast food”. Andar veloce fa male, soprattutto a tavola. Meglio la dieta mediterranea. Tra le tante mostre organizzate a corollario dell’iniziativa -  con esposi-

 

zioni di  fotografia, pittura, scultura – di particolare interesse è stata quella sulle specie animali autoctone in via di estinzione. Abituati come siamo a vedere la realtà attraverso gli schermi di un computer, ha fatto un certo effetto accorgersi che il mondo è fatto anche di asini ragusani e di Pantelleria, capre girgentane, cavalli sanfratellani, pecore comisane, bovini di Modica e ancora suini neri dei Nebrodi e galline isolane a doppia cresta. Specie animali rigorosamente siciliane e da salvaguardare ad ogni costo: a loro è legata, infatti, la tipicizzazione di molti dei prodotti in mostra a Caltanissetta.

     In dicembre, invece, è stato il momento della pasticceria siciliana. A “Dolce arte” hanno aderito  una  sessantina  di  espositori       provenienti 

 

da diversi comuni non soltanto del nisseno ma anche del palermitano e del messinese. Per una “dolcissima” passerella di dolci siciliani che ha visto salire agli onori della ribalta il dolce tipico nisseno, il  torrone mandorlato preparato per l’occa-sione dai migliori maestri pasticceri e offerto in degustazione. Ma “Dolce arte”, come suggeriva lo stesso nome dato alla manifestazione, ha voluto proporre anche altri generi di manufatti artistici. La  già ricca e dolce “vetrina” ha potuto così contare anche su gioelli, ricami, pizzi e merletti, composizioni floreali, ceramiche e oggetti in terracotta, lampade e monili. Insomma, tutto ciò che poteva far arte, tipicamente siciliana. Dolce a mangiarsi. Ma anche a vedersi.