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EDITORIALE

 

 

 

L’inebriarsi

d’alta quota

 

 

 

 

 

 

     La Sicilia si conferma terra di grandi vini. Il successo e il prestigio delle aziende dell’isola non è più una novità: le etichette siciliane, ormai da un decennio, riescono sempre più spesso a conquistare i primi posti alle più rinomate rassegne italiane ed europee. Ciò che stupisce – ma, ormai, neppure poi tanto – è, invece, l’ultimo traguardo raggiunto dalle aziende siciliane perfino al Concorso Internazionale “Vini di Montagna” di Saint Vincent. In gara c’erano le produzioni enologiche realizzate con vitigni del tutto particolari, certamente di nicchia, coltivati ad altitudini superiori ai cinquecento metri, ma con pendenze minime del terreno del trenta per cento. Fuori dal concorso, dunque, tutte quelle produzioni d’altopiano che costituiscono, invero, una larga fetta della offerta vitivinicola. Soltanto i vini di raffinata e nobile struttura, dunque, quelli riservati ai palati più esigenti, hanno potuto prender parte alle selezioni. La Sicilia si è classificata al primo posto tra le regioni italiane, mentre in graduatoria assoluta è arrivata terza, superata soltanto dalla Mosella, regione tedesca, e dagli svizzeri del  Canton Ticino. Ai “colori” siciliani sono andati quattordici menzioni e altrettanti riconoscimenti. Tra questi, tre medaglie d’oro, di cui due “gran medaglie”, e una medaglia d’argento. Il concorso altoatesino, arrivato alla sua quindicesima edizione, costituisce un punto di riferimento per i produttori vitivinicoli delle così dette “aree difficili”, esaltando le specificità e le caratteri-stiche uniche dei vini montani. Se la Sicilia è riuscita a primeggiare pure in un settore così particolare della eno-viticoltura significa una cosa soltanto: la nostra industria vinicola è matura e in grado di cogliere e sfruttare ogni richiesta di un mercato esigente e sempre più diversificato.