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speciale in onore di San Giuseppe.

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Marettimo si racconta:
mare, fede e tradizione
(Durata 13:54)

     Il sapore antico delle tradizioni, il gusto autentico della semplicità popolare, il sentire religioso e il folklore si lasciano riscoprire ogni anno, sempre rinnovati, sull’isola più lontana e incontaminata dell’arcipe-lago delle Egadi. E’ marzo, e nell’aria di Marettimo si sente già che la primavera è alle porte. La gente è pronta per l’appuntamento più importante, quello dei festeggiamenti per il santo patrono, San Giuseppe, amato e venerato dagli abitanti di tutta l’isola, dai bambini ai più anziani. Il senso di appartenenza all’isola e di attaccamento alle tradizioni e alla propria cultura si manifestano, librati assieme a tutta la straordinaria carica di fascino ed emozioni. C’è entusiasmo e devozione nei volti della gente di Marettimo. Entusiasmo perché si ha consapevolezza che una festa antica non finisce mai di riscuotere successo e partecipazione. La devozione è quella di sempre, sospinta dalla semplicità di uomini e donne che vivono di mare e per il mare. Al porto uomini, donne e bambini attendono l’arrivo della banda musicale, partita dalla vicina Favignana con il primo aliscafo. Sono loro, i musicanti, a dare avvio ai festeggiamenti.  Appena scesi in ban-china, salutano Marettimo con le loro marce. Poco più in là, le autorità dell’isola, civili e religiose, danno solennemente avvio a tutti gli atti della festa con un alzabandiera tutto tutto speciale in onore di San Giuseppe.

     In paese le donne tengono aperte le porte di casa. Hanno preparato gli altari e tutti devono venire a vederli. Riccamente addobbati con antiche stoffe decorate a mano, gli altari rappresentano la testimonianza più viva della devozione popolare per il loro patrono. Oltre all’immagine del santo e della Sacra famiglia, sugli altari  trovano posto le arance e i panuzzi ai quali è legato un complesso intreccio di significati simbolici.

     Il pane e il grano rappresentano il lavoro dell’uomo e la magnificenza della natura. E questi simboli, in verità, richiamano parecchio gli antichi riti pagani di propiziazione, utilizzati per ingraziarsi la benevolenza degli dei in vista dei raccolti. Anche allora venivano allestiti degli altari, addobbati   con fiori e frutta.

     In piazza, intanto, proprio davanti alla chiesa di San Giuseppe, i più giovani si danno battaglia per conquistare i premi messi in palio per i giochi. C’è la gallina, la colomba pasquale, un cesto di salsicce: premi semplici, proprio come la genuinità dell’entusiasmo che anima i contendenti. Il futuro di Marettimo è nelle loro mani. E’ c’è da ben sperare a giudicare dalla loro ricca partecipazione alla manifestazione.

     Si fa sera. Il tramonto ha salutato il primo giorno di festeggiamenti. Ma non è ancora finita. Sull’altura di fronte al porto sta per avere inizio uno dei momenti più suggestivi ed evocativi delle due giornate di festa. 

 

La gente di Marettimo la chiama la duminiara ed è un rito dal fascino antico e di grande presa emotiva. Sin dalla mattina sono stati preparati tre enormi cumuli di legna da ardere. Tre perché rappresentano la sacra famiglia. Al centro è posta una barca di legno. Sarà data alle fiamme anche questa come segno di ringraziamento in nome dei pescatori dell’isola. Gli ultimi bagliori del giorno hanno lascia-

to posto alla notte. Le fiamme si fanno strada nell’oscurità, liberandosi sempre più alte nel cielo stellato di Marettimo.  E alla vista ammaliante del fuoco la mente si lascia catturare da altre prospettive. Il pensiero corre alle origini e ad antichissimi riti dal significato vagamente religioso.

     La mitologia ci ricorda che le cerimonie precristiane più immedia-tamente riconducibili agli altari di San Giuseppe erano legate al ratto di Proserpina, rapita proprio in Sicilia da Ade, dio degli inferi. La madre Demetra, moglie di Zeus, aveva cercato invano la figlia per diversi giorni. Poi aveva scaraventato tutta la sua ira sulla terra sotto forma di carestie e infertilità della natura. Quando Proserpina venne liberata, la natura riprese a produrre fiori e frutti. E da quel momento gli uomini, per ringraziare gli dei e averli sempre dalla loro parte, decisero di non far  passare anno senza che venissero addobbati degli splendidi altari in onore degli dei dell’Olimpo.  Con l’avvento del cristianesimo, le feste pagane, che facevano ormai parte della cultura  e della storia popolare, vennero pian piano integrate nel nuovo culto, lasciando segni  tangibili,  quegli  stessi che  sono arrivati fino ai nostri giorni. E gli altari di San Giuseppe rappresentano  fino in fondo  questa  sorta di connubio fra mito e cristianesimo.

     La  gente, tutt’intorno,  rende  vivi  e coloriti i contorni  di un evento  religioso   che  non   manca   di trasmettere momenti di sano folklore. D’altro canto folklore e feste religiose spesso diventano un tutt’uno. Anzi, talvolta, ci si serve proprio della più effervescente cultura paesana per attrarre l’attenzione verso l’elemento religioso.

     E’ sera ormai da un pezzo. A quest’ora sull’isola non si ascolterebbe altro che  la voce del mare con il suo ritmato sciabordio sugli scogli. Ma per i festeggiamenti di San Giuseppe l’isola si trasforma. Ed è concesso anche restare in piazza fino a notte fonda. Sul palco ci sono i “Macuccusonu”, una goliardica band di attempati musicisti favignanesi, conosciutissimi nelle isole Egadi. 

 

     In paese, intanto, dopo il rito del fuoco e la musica della sera prima, è tutto pronto affinché i festeggiamenti entrino nel vivo. Tutta la gente dell’isola e i turisti si sono dati appuntamento  davanti  alla  chiesa      di

San Giuseppe. Aspettano i Santi. Cioè tre persone del comitato dei festeggiamenti che, nei panni di Gesù, Giuseppe e Maria, daranno vita al rito dell’Alloggiate, una suggestiva e commovente rievocazione della fuga dall’Egitto della Sacra Famiglia.  Per due volte busseranno al portone della Chiesa, ma saranno rimandati indietro. Al terzo tentativo, finalmente, il portone si apre. Le campane suonano a festa, la Sacra Famiglia ha trovato l’accoglienza a lungo cercata. A pochi metri dalla chiesa, il palco è pronto per una suggestiva celebrazione eucaristica  all’aperto.  Dopo la messa, Marettimo dà vita all’ultimo atto dei festeggiamenti. E’ il momento dell’ammitata. Un rito antico che coinvolge, tra fede e folklore, i bambini dell’isola, invitati, per l’appunto, sul palco, per prendere parte alle cena in onore di San Giuseppe. Un tempo l’ammitata era riservata ai bambini poveri. Ma quella di oggi è una rievocazione alla quale partecipa tutto il paese, con i dolci della tradizione distribuiti per strada. Ce ne sono per tutti e per tutti i gusti.

     Marettimo in festa ha reso omaggio al Santo Patrono con tutti gli onori. C’è una devozione smisurata in tutta l’isola per San Giuseppe, un santo amato e venerato come non mai e al quale l’isola non ha mai smesso di render tributo.  Un rapporto, quello fra l’isola e il santo, talvolta perfino commovente. Tra la gente festante, Marettimo saluta San Giuseppe che viene portato in processione per tutta l’isola, assieme al simulacro di San Francesco di Paola, protettore dei pescatori. Il risultato è un solenne, unico abbraccio di fede e devozione popolare. Le due vare, spinte a turno dalla gente di Marettimo, fanno sosta davanti a tutte le case dell’isola. E ogni famiglia ringrazia con delle offerte in denaro. Momento di grande suggestione anche questo, giacché le offerte vengono fatte attaccando le banconote direttamente sui simulacri dei santi.

     Fuori dal centro abitato, lontani dal vociare gioioso di un’isola letteralmente trasformata dal trambusto di due giorni di festeggiamenti, Marettimo lentamente comincia a rituffarsi nella sua quiete, riappropriandosi dei suoi ritmi che rendono la più lontana delle Egadi un’isola ineguagliabile.

Alberto Augugliaro

 
      

 

Nella foto, una suggestiva immagine dell’isola di Marettimo - la più lontana dalla costa siciliana dell’arcipelago Egadi - ripresa dal mare durante un  tramonto