8
speciale in onore di San Giuseppe.
Il sapore antico delle tradizioni, il
gusto autentico della semplicità popolare, il sentire religioso e il
folklore si lasciano riscoprire ogni anno, sempre rinnovati, sull’isola più
lontana e incontaminata dell’arcipe-lago delle Egadi. E’ marzo, e nell’aria
di Marettimo si sente già che la primavera è alle porte. La gente è pronta
per l’appuntamento più importante, quello dei festeggiamenti per il santo
patrono, San Giuseppe, amato e venerato dagli abitanti di tutta l’isola,
dai bambini ai più anziani. Il senso di appartenenza all’isola e di
attaccamento alle tradizioni e alla propria cultura si manifestano, librati
assieme a tutta la straordinaria carica di fascino ed emozioni. C’è
entusiasmo e devozione nei volti della gente di Marettimo. Entusiasmo
perché si ha consapevolezza che una festa antica non finisce mai di
riscuotere successo e partecipazione. La devozione è quella di sempre,
sospinta dalla semplicità di uomini e donne che vivono di mare e per il
mare. Al porto uomini, donne e bambini attendono l’arrivo della banda
musicale, partita dalla vicina Favignana con il primo aliscafo. Sono loro,
i musicanti, a dare avvio ai festeggiamenti. Appena scesi in ban-china, salutano
Marettimo con le loro marce. Poco più in là, le autorità dell’isola, civili
e religiose, danno solennemente avvio a tutti gli atti della festa con un
alzabandiera tutto tutto speciale in onore di San Giuseppe.
In paese
le donne tengono aperte le porte di casa. Hanno preparato gli altari e
tutti devono venire a vederli. Riccamente addobbati con antiche stoffe
decorate a mano, gli altari rappresentano la testimonianza più viva della
devozione popolare per il loro patrono. Oltre all’immagine del santo e
della Sacra famiglia, sugli altari
trovano posto le arance e i panuzzi ai quali è legato un complesso
intreccio di significati simbolici. Il pane
e il grano rappresentano il lavoro dell’uomo e la magnificenza della natura.
E questi simboli, in verità, richiamano parecchio gli antichi riti pagani
di propiziazione, utilizzati per ingraziarsi la benevolenza degli dei in
vista dei raccolti. Anche allora venivano allestiti degli altari, addobbati con fiori e frutta. In
piazza, intanto, proprio davanti alla chiesa di San Giuseppe, i più giovani
si danno battaglia per conquistare i premi messi in palio per i giochi. C’è
la gallina, la colomba pasquale, un cesto di salsicce: premi semplici,
proprio come la genuinità dell’entusiasmo che anima i contendenti. Il
futuro di Marettimo è nelle loro mani. E’ c’è da ben sperare a giudicare
dalla loro ricca partecipazione alla manifestazione. Si fa sera. Il tramonto ha salutato il
primo giorno di festeggiamenti. Ma non è ancora finita. Sull’altura di
fronte al porto sta per avere inizio uno dei momenti più suggestivi ed
evocativi delle due giornate di festa. La
gente di Marettimo la chiama la duminiara ed è un rito dal fascino
antico e di grande presa emotiva. Sin dalla mattina sono stati preparati
tre enormi cumuli di legna da ardere. Tre perché rappresentano la sacra
famiglia. Al centro è posta una barca di legno. Sarà data alle fiamme anche
questa come segno di ringraziamento in nome dei pescatori dell’isola. Gli
ultimi bagliori del giorno hanno lascia- to
posto alla notte. Le fiamme si fanno strada nell’oscurità, liberandosi
sempre più alte nel cielo stellato di Marettimo. E alla vista ammaliante del fuoco la
mente si lascia catturare da altre prospettive. Il pensiero corre alle
origini e ad antichissimi riti dal significato vagamente religioso. La mitologia ci ricorda che le
cerimonie precristiane più immedia-tamente riconducibili agli altari di San
Giuseppe erano legate al ratto di Proserpina, rapita proprio in Sicilia da
Ade, dio degli inferi. La madre Demetra, moglie di Zeus, aveva cercato
invano la figlia per diversi giorni. Poi aveva scaraventato tutta la sua
ira sulla terra sotto forma di carestie e infertilità della natura. Quando
Proserpina venne liberata, la natura riprese a produrre fiori e frutti. E
da quel momento gli uomini, per ringraziare gli dei e averli sempre dalla
loro parte, decisero di non far
passare anno senza che venissero addobbati degli splendidi altari in
onore degli dei dell’Olimpo. Con
l’avvento del cristianesimo, le feste pagane, che facevano ormai parte
della cultura e della storia
popolare, vennero pian piano integrate nel nuovo culto, lasciando
segni tangibili, quegli
stessi che sono arrivati fino
ai nostri giorni. E gli altari di San Giuseppe rappresentano fino in fondo questa
sorta di connubio fra mito e cristianesimo.
La gente, tutt’intorno, rende
vivi e coloriti i
contorni di un evento religioso che
non manca di trasmettere momenti di sano folklore.
D’altro canto folklore e feste religiose spesso diventano un tutt’uno.
Anzi, talvolta, ci si serve proprio della più effervescente cultura paesana
per attrarre l’attenzione verso l’elemento religioso. E’ sera
ormai da un pezzo. A quest’ora sull’isola non si ascolterebbe altro
che la voce del mare con il suo
ritmato sciabordio sugli scogli. Ma per i festeggiamenti di San Giuseppe
l’isola si trasforma. Ed è concesso anche restare in piazza fino a notte
fonda. Sul palco ci sono i “Macuccusonu”, una goliardica band di attempati
musicisti favignanesi, conosciutissimi nelle isole Egadi. In
paese, intanto, dopo il rito del fuoco e la musica della sera prima, è
tutto pronto affinché i festeggiamenti entrino nel vivo. Tutta la gente
dell’isola e i turisti si sono dati appuntamento davanti
alla chiesa di San Giuseppe. Aspettano i Santi. Cioè tre persone
del comitato dei festeggiamenti che, nei panni di Gesù, Giuseppe e Maria,
daranno vita al rito dell’Alloggiate, una suggestiva e commovente rievocazione
della fuga dall’Egitto della Sacra Famiglia. Per due volte busseranno al portone della
Chiesa, ma saranno rimandati indietro. Al terzo tentativo, finalmente, il
portone si apre. Le campane suonano a festa, la Sacra Famiglia ha trovato
l’accoglienza a lungo cercata. A pochi metri dalla chiesa, il palco è
pronto per una suggestiva celebrazione eucaristica all’aperto. Dopo la messa, Marettimo dà vita
all’ultimo atto dei festeggiamenti. E’ il momento dell’ammitata. Un
rito antico che coinvolge, tra fede e folklore, i bambini dell’isola,
invitati, per l’appunto, sul palco, per prendere parte alle cena in onore
di San Giuseppe. Un tempo l’ammitata era riservata ai bambini
poveri. Ma quella di oggi è una rievocazione alla quale partecipa tutto il
paese, con i dolci della tradizione distribuiti per strada. Ce ne sono per
tutti e per tutti i gusti.
Marettimo in festa ha reso omaggio al Santo Patrono con tutti gli
onori. C’è una devozione smisurata in tutta l’isola per San Giuseppe, un
santo amato e venerato come non mai e al quale l’isola non ha mai smesso di
render tributo. Un rapporto, quello
fra l’isola e il santo, talvolta perfino commovente. Tra la gente festante,
Marettimo saluta San Giuseppe che viene portato in processione per tutta
l’isola, assieme al simulacro di San Francesco di Paola, protettore dei
pescatori. Il risultato è un solenne, unico abbraccio di fede e devozione
popolare. Le due vare, spinte a turno dalla gente di Marettimo, fanno sosta
davanti a tutte le case dell’isola. E ogni famiglia ringrazia con delle
offerte in denaro. Momento di grande suggestione anche questo, giacché le
offerte vengono fatte attaccando le banconote direttamente sui simulacri
dei santi. Fuori
dal centro abitato, lontani dal vociare gioioso di un’isola letteralmente
trasformata dal trambusto di due giorni di festeggiamenti, Marettimo
lentamente comincia a rituffarsi nella sua quiete, riappropriandosi dei
suoi ritmi che rendono la più lontana delle Egadi un’isola ineguagliabile. Alberto Augugliaro
Nella foto, una suggestiva immagine dell’isola di
Marettimo - la più lontana dalla costa siciliana dell’arcipelago Egadi -
ripresa dal mare durante un tramonto