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guardi con sempre più preoccupata attenzione
alle risorse e all’ambiente. In
Sicilia, intanto – nell’attesa e nella speranza che si possa indivi-duare
un compromesso percorribile fra econo-mia, scienza applicata alla tecnica
ed etica – per ridar vita ai boschi dell’Etna studiosi e ricercatori hanno
già elaborato due programmi di intervento
sul territorio. Il primo punta all’incremento delle banche per la
conservazione del patrimonio genetico forestale autoctono, per la raccolta
e la moltiplicazione dei semi provenienti dalle aree a rischio. Attività,
questa, già in parte attivata negli anni scorsi da enti e istituti di
ricerca per le risorse forestali e ambientali. E poi, utilizzando
nuovissime tecnologie laser, si mirerà a realizzare una mappatura delle
zone boschive a rischio per prevenire le erosioni e i dissesti
idrogeologici dei terreni di montagna. con i quali dobbiamo oggi confrontarci”. E
ancora: “Il bosco non è un bene totalmente disponibile e non può essere
gestito secondo i principi dell’economia e del mercato”. Nel ventennio successivo
agli anni cinquanta, ad esempio, era stato operato un rimboschimento che
gli addetti ai lavori hanno definito di tipo “finanziario”, proprio perché
furono utilizzati alberi di eucalipto, specie a rapida crescita e,
perquesto, utile anche, e soprattutto, alla produzione di legna. Senza
considerare le conseguenze per l’ecosistema derivanti dall’impiego di
alberi diversi da quelli indigeni: per centinaia di anni presenti sul
territorio e improvvisamente sostituiti con altre specie. E’ troppo
tardi per correre ai ripari? Probabilmente no. Ma occorre - per quanto
appaia ovvio - un impegno determinato da parte di tutti gli attori sociali.
L’accento è stato quindi posto sulla necessità che in un
mondo ormai globalizzato si Si è fatto
un gran parlare, nell’ultimo decennio, di mutamenti climatici, innalzamento
globale della temperatura, rischio desertificazione, geopolitica dell’acqua
e, non ultimo, di un fenomeno emergente come l’immigrazione ambientale.
Sembra-no situazioni che non ci toccano da vicino. Tant’è che a furia di
sentirne parlare abbiamo finito per farci l’abitudine e, per un alquanto
strano meccanismo della nostra mente, le abbiamo svuotate delle
implicazioni con la realtà e con la nostra vita. Lo spunto a
riconsiderare l’approccio alla questione arriva da un convegno di studi che
si è tenuto il mese scorso all’Orto Botanico di Catania. Studiosi e addetti
ai lavori hanno messo a confronto le proprie ricerche e alla fine è emersa
una realtà da tutti condivisa: l’area del Mediterraneo sta cambiando. E
anche velocemente. Perché i tempi della natura non coincidono più con
quelli dello sviluppo tecnologico e delle necessità economiche e di
mercato. Dai
lavori di Catania è emerso come, purtroppo, si stiano già verificando anche
in Sicilia i primi effetti dei mutamenti climatici in corso nel pianeta. E
il dato riguarda i boschi siciliani:
i castagni e le betulle dell’Etna, in particolare, sono stati
dichiarati a rischio di estinzione, mentre stanno mutando le aree e le
altitudini di distribuzione delle altre specie autoctone. Diretta
conse-guenza, anche questa, dei cambia-menti climatici globali ma, a sua
volta, causa di una variazione dei microclimi. I
ricercatori che si sono incontrati all’ombra dell’Etna hanno messo sotto
accusa il rapporto conflittuale tra ecologia ed economia. “Una società
fondata su logiche di consumo e che non eserciti un adeguato controllo
sulle risorse esauribili porta inevitabilmente – è stato ribadito –
ai disastri climatici