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speciale in onore di San Giuseppe. 
 

 
  
  
   
    
    
    Nella foto, ciò che resta della Valle del fiume
    Imera, una delle più incantevoli riserve naturali della Sicilia centrale,
    dopo l’incendio nell’estate dello scorso anno     
     
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    AMBIENTE Emergenza
    roghi: la Sicilia è una delle regioni italiane più colpite dagli incendi
    nei parchi alberati, eppure ha una superficie boschiva tra le più basse in
    Italia e il maggior numero di addetti alla prevenzione. Evidentemente,
    qualcosa non quadra: Italia Nostra lancia l’allarme proponendo progetti di
    educazione ambientale e    “patti    di  
    corresponsabilità” che 
    rendano  i territori
    “oggetto di cura non occasionale e scientificamente informata” 
      
      
      
      
      
      
      
      
      
      
    Le vampe
    dei veleni 
      
     
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    Arriva l’estate e come
    ogni anno i nostri boschi - quelli che hanno resistito sino ad ora - vengono
    puntualmente colpiti dalla piaga degli 
    incendi. Ma è soltanto una coincidenza che il fuoco si abbatta con
    frequenza e copiosità proprio in Sicilia, regione con una densità di
    superficie boschiva - tra le più basse d’Italia - inversamente proporzionale
    ai forestali precari che vi lavorano? 
    Il dubbio è venuto al presidente regionale di Italia Nostra,  Leandro Janni, che ha preso posizione
    sull’argomento. Riceviamo e pubblichiamo. 
      
         La Sicilia
    è la regione italiana con più agenti forestali. La
    Sicilia è anche una delle regioni del nostro Paese con
    minore superficie boschiva (l’8% del territorio, a fronte di una media del
    30%). La Sicilia
    è una delle regioni d’Italia più colpita dagli incendi. Fornire una
    risposta a questa eclatante, apparente contraddizione può spie-gare la
    causa di tanti roghi che devastano ogni anno l’Isola. Una cosa è certa: la
    gestione degli operatori stagionali antincendio boschivo, in Sicilia, è
    quantomeno scandalosa. I politici regionali hanno più volte ammesso che si
    tratta di una sorta di “ammortizza-tore sociale”, che il numero di addetti
    in questo settore è sovradi-mensionato per assicurare lavori retribuiti in
    una terra dove di lavoro ce n’è sempre troppo poco. E con questa
    giustificazione, l’Assemblea Regionale Siciliana per prima, ha alimentato
    un meccanismo inferna-le e perverso. I precari del fuoco sono tanti, ma non
    riescono a frenare le fiamme che si mangiano ettari ed ettari di
    vegetazione. Come mai? Il motivo è in parte spiegato dal business economico
    alimentato dai roghi. I precari dell’antincendio, spesati dalla Regione
    Siciliana, nell’Isola sono 30.745, poco meno della metà di tutti i
    forestali italiani, che sono 68.000. In pratica, ciascuno di loro controlla
    12 ettari
    di territorio, mentre in Umbria (dove ci sono molti meno incendi) il
    rapporto è di un forestale ogni 597
    ettari di bosco. In Toscana, addirittura, è un
    addetto  ogni  1.409 
    ettari. 
    Il   loro  
     
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    della pena per gli incendiari. I comuni siciliani
    ancora ina-dempienti si attivino immedia-tamente per istituire il
    Catasto dei terreni percorsi dal fuoco e i Piani di prevenzione. Inoltre,
    proponia-mo “contratti di responsabilità” che vedano coinvolti,
    direttamente, i cittadini nella gestione consapevole del territorio,
    creando un naturale antidoto ai veleni speculativi che alimentano la
    cultura del fuoco. Bisogna dunque rendere protago-nisti i
    soggetti che vivono e operano nei diversi contesti territoriali, fornendo
    loro maggiori strumenti e risorse per prevenire i roghi come, ad esempio,
    sistemi di avvista-mento, spegnimento e manuten-zione. In questo senso,
    anche i progetti di educazione ambientale possono realmente riuscire a
    ren-dere più attiva e sensibile la popola-zione nel rispetto e nella
    salvaguar-dia dell’ambiente. Infine, è ora di pensare ad un patto nazionale, se non europeo, di
    corresponsabilità che, in una prospettiva di collabora-zione e
    partecipazione estesa e continuativa, renda i territori ogget-to di cura
    non occasionale, scienti-ficamente informata e condivisa. 
    Leandro Janni 
    Presidente Italia Nostra - Sicilia  
     
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    guadagno dipende dalle giornate  di 
    lavoro e dalle ore di straordinario: più territorio
    isolano va a fuoco, più alto è il loro stipendio. Insomma, il sospetto e,
    in alcuni casi, la certezza che dietro gli incendi ci sia la mano di alcuni
    di quelli che sono incaricati di spegnerli, è alto. Non pare ci siano
    dubbi, dunque, che tra i precari dell’antincendio esistono ed operano
    diverse mele marce, professionisti della distruzione e del rimboschimento.  
         E’
    chiaro:  dopo le fiamme, poi, c’è
    tanto da guadagnare: per chi spegne i fuochi e per le ditte che andranno a
    ripiantare gli alberi. Quella dei roghi è diventata un’attività
    imprenditoriale vera e propria. Se a questo particolare aspetto si aggiunge
    l’attività delle ecomafie (cioè della criminalità organizzata), che
    appiccano incendi per motivi speculativi e che sono responsabili di un
    elevatissimo numero di roghi, ecco che si comprende come una regione possa essere così inesorabilmente,
    impietosamente devastata. Per Ita- lia Nostra (che di recente ha
    orga-nizzato un convegno nazionale sugli incendi  boschivi) vanno perseguite con forza
    le ecomafie, assicuran- do maggiore repressione e certezza 
      
     
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